CREDITS
Regia: Renato Sarti
Attori: Marta Marangoni, Rossan Mola
Soggetto: "Dalla fabbrica ai lager" di Giseppe Valota
Scena e costumi: Carlo Sala
Musiche: Carlo Boccadoro
Luci: Claudio De Pace
Progetto audio: Luca De Marinis
Dramaturg: Marco Di Stefano
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In seguito agli scioperi - i più grandi nell’Europa occupata dai nazisti - che durante la Seconda Guerra Mondiale paralizzarono i maggiori stabilimenti a nord di Milano, centinaia di lavoratori di Sesto San Giovanni e dei comuni limitrofi furono arrestati e deportati nei lager. Uomini sottratti ai propri affetti, costretti a vestirsi rapidamente per poi sparire. Madri, mogli, sorelle e figlie si precipitavano inutilmente al carcere di San Vittore e in altri luoghi di detenzione di Milano alla loro disperata ricerca.
Scritto da Renato Sarti, il testo nasce dalle testimonianze raccolte da Giuseppe Valota, presidente dell’ANED di Sesto San Giovanni e Monza recentemente scomparso, figlio di un deportato che perse la vita a Mauthausen.
Matilde e il tram per San Vittore mette in luce il “non eroismo” di migliaia di persone che si opposero al fascismo e al nazismo pagando un caro prezzo. Lo fa attraverso le voci di quelle donne che si ritrovarono improvvisamente costrette a gestire da sole un quotidiano di fame e miseria, nel terrore della guerra e dei bombardamenti. Nel dopoguerra per molte di loro incominciò un periodo d’attesa ancor più terribile. Dei cinquecentosettanta deportati delle grandi fabbriche, duecentoventitre non fecero ritorno e dieci morirono per le malattie contratte nel lager. Sia per le mogli, le sorelle, le madri e le figlie di quegli uomini che non tornarono, sia per quelle che ebbero la fortuna di riabbracciare il proprio marito, fratello, padre e figlio, la vita non fu mai più quella di prima.
Viviamo tempi veramente bui. Le offese a Liliana Segre, l'abuso e lo stravolgimento delle immagini e dei simboli della deportazione non sono fatti marginali, ma la punta di un iceberg grande e inquietante. In tutto il mondo assistiamo al risorgere di pericolosi populismi, che fanno leva sugli istinti più beceri e viscerali, sulla xenofobia, sul razzismo e sulla paura dello straniero. Molti vorrebbero portare indietro le lancette della storia e in questa partita giocata contro l’oblio - lo sport nazionale più praticato - il Teatro della Cooperativa si schiera in modo inequivocabile per fare, come ha sempre fatto, la sua parte. E il modo migliore mi è sembrato quello di partire dalle donne, perché fin dalle tragedie greche la loro voce è quella che meglio di ogni altra riesce con un impatto teatrale a rievocare l’orrore della guerra, che sempre nuovo si ripete.
Renato Sarti
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